Lisbon story

06.02.2018 08:22
L’atterraggio a Lisbona, domenica sera, è stato da manuale, le perturbazioni che ci facevano ballare sempre più man mano che ci avvicinavamo a terra gestite impeccabilmente da un capitano che davvero non sono riuscita a capire se fosse italiano o inglese, tanto bene parlava entrambe le lingue.

Gli italiani, sia a bordo sia a terra, sempre maleducati, sempre a saltare le file e mettersi avanti, sgomitando, per guadagnare 2 secondi o mezzo metro. I portoghesi invece sono educati alle file, come si usa in Inghilterra, ordinati e cortesi, ci guardano con sufficienza in questi atteggiamenti barbari.
A ragione.

Attendo per un tempo che mi sembra infinito la valigia il cui check-in ho stra pagato.
Penso che c’è un autista che mi aspetta fuori, per portarmi in ostello, con il mio nome su di un foglio e un posto nel bagagliaio per quella valigia che non arriva.

Poi finalmente la vedo sorgere dal nastro trasportatore ed esulto. Lisbona, arrivo, eccomi!

Il mio autista stasera si chiama Ricardo, parla bene inglese, è un 35 enne single, biondo scuro, carnagione più scura, occhi azzurri come il cielo terso d’estate.
Mi racconta di come ha imparato il francese, uscendo con una ragazza di Parigi, che parlava solo francese. Mi svela che quando ha iniziato a imparare la lingua e a comprendere cosa effettivamente lei diceva, non la sopportava più, si sono lasciati!
Ridiamo, scherziamo, parliamo di cose serie, ci sono circa 20 minuti tra l’aeroporto e “casa”.
Scopro che è un informatico che non sa stare tutto il giorno davanti al pc, stesso motivo per cui io non faccio la traduttrice.
Scopro che ha lavorato 11 anni per l’azienda per la quale vado a lavorare io. Sto zitta e chiedo cosa ne pensa. Bene, molto bene, però guadagna di più a fare l’autista.
Arriviamo all’ostello e quasi mi spiace salutare Ricardo, vorrei offrirgli una birra, un caffè, ma sono stanca, l’emozione, il viaggio, tutto quello che ho passato nell’ultima settimana improvvisamente pesa sulle gambe, devo riposare.

Alla reception il tizio cerca di fregarmi 15 euro. Ok, non me la prendo, so che gli stipendi per i portoghesi sono infimi, è una vera ingiustizia. Già sapevo, e Ricardo me lo ha confermato, che un portoghese, per fare il lavoro che farò io, percepisce circa la metà… assurdo, no?

Ma non mi lascio levare il sonno da questi drammi sociali, il letto è in alto, mi arrampico sul mio trespolo da brava gallinella e crollo, l’emozione, il viaggio, hanno la meglio su di me in un minuto.

Il mattino ha l’oro in bocca e così mi sveglio presto, non voglio rischiare di arrivare tardi il primo giorno.

La doccia subito sembra non funzionare, esce solo acqua fredda… già non c’è il riscaldamento, come nel 70% delle case di Lisbona, se l’acqua è così faccio un giro subito in reception e mi sentono! Ma ecco, inizia ad arrivare anche l’acqua calda, diventa bollente, menomale!
Mi godo con calma la sensazione, la stanchezza e l’emozione che ierisera mi hanno segato le gambe hanno lasciato posto all’attesa di vedere che sapori e odori avrà la mia nuova vita, che inizia oggi, con un nuovo lavoro, a 1557 km da casa.

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